Guida galattica per autostoppisti maschili! - Psicologo Prato Iglis Innocenti

Guida galattica per autostoppisti maschili!

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Quanti di noi, almeno una volta, per paura di un giudizio, non ha mai detto:”Se vado da quella ragazza , sai che figura di … “.

Quante volte abbiamo evitato di andare da una donna che ci piaceva per timore di un “No”? Quante volte abbiamo voluto evitare l’imbarazzo di un giudizio?

In questi momenti, ai nostri occhi, le donne appaiono come demogorgoni pronti a distruggere ogni parte della propria virilità e dignità maschile. Le vediamo inarrivabili, altezzose, pericolose. Insomma, meglio andar via!

Pape Satàn, pape Satàn aleppe!….” diceva il grande Vate fiorentino per bocca di Pluto nella Divina Commedia. Un grido di stupore o timore alla vista di queste splendide figure femminee. Ragazzi e uomini più maturi che indietreggiano pur di non esporsi.

Perché si ha così paura di farci conoscere?

 

Il buono, il brutto e…la cattiva

Il principale “colpevole” è la paura del rifiuto. Come ho già scritto in un mio precedente post, il giudizio è una componente di noi essere umani molto importante, particolarmente legata alla nostra capacità di coordinarsi in gruppo: se conosco ciò che gli altri si aspettano da me o cosa pensano , posso organizzare i miei comportamenti al fine di armonizzare gli obiettivi di tutti e sopravvivere.

Quando però il giudizio degli altri diventa un imperativo, allora sono guai.

Gli altri diventano il parametro assoluto con cui paragonarsi. Un metro di misura di noi stessi. La percezione, la valutazione, la stima che abbiamo di noi sono ricavati dalla percezione, stima e valutazione che gli altri danno sulla nostra persona.

 

E in amore? Giudizio infame!

Quando entriamo in questa dimensione di ansia, qualcosa comincia a cambiare. Una donna diventa, così, ai nostri occhi un giudice di X Factor, con la mano tesa sul bottone rosso, pronta a dire “per me è un no!”. Si fa strada, così, nella nostra mente il vissuto di rifiuto ed esclusione che va a minare la nostra stessa identità. In altre parole, diventiamo “quelli rifiutabili”.

La conseguenza è un processo di generalizzazione del giudizio: “Se sono stato rifiutato una volta, sarò sempre rifiutato dato che non sono abbastanza bello, attraente, affascinante o altro”. Ciò ci porta a sentirci impotenti verso il destino infausto e farsi strada la paura di rimanere soli in sempiterna saecula!

Questo autodistruzione non fa altro che creare un circolo vizioso pericoloso, che ci porterà ad evitare di esporci con persone che ci piacciono, e trasformare “l’uva in frutta acerba”!

 

L’uva è troppo acerba! Giudizi furbi

Nella favola di Esopo La volpe e l’uva, la volpe afferma di rinunciare all’uva perché acerba. Ma è solo una scusa per non ammettere di avere difficoltà ad arrivarvi, dato che è posizionata troppo in alto!

Così è la donna che diventa  “acerba”, ovvero quella “cattiva”. Lei è quella “difettosa”. Scadiamo nelle frasi più sciocche: “Tutte le donne sono….”. Oppure “Eh, tanto quella è una che se la tira!”. La mia preferita è:“O sei ricco o sei Rocco”, intendendo che per conquistare una donna o si hanno molti soldi oppure si hanno “pantagrueliche dimensioni del proprio organo sessuale e capacità eccezionali di esercitarne le virtù granitiche”.

L’uomo, così, diventa “autostoppista” nella galassia femminile. Non si proietta nel viaggio con la sua macchina, ma aspetta (Godot?) che sia l’altra a venire , semplicemente esibendo il proprio pollice e aspettando passivamente che l’altro accosti. Decide di non rischiare. Di non esporsi.

Nel mentre, tutto ciò che “non” accade, ovvero gli appuntamenti, i numeri di telefono o gli incontri mancati, sono colpa della ragazza, e non del fatto che siamo stati fermi!

 

Ma allora come affrontare il giudizio e il rifiuto?

Prima di tutto, un rifiuto ci sta! Non è indice di nessun difetto. Non è un parametro assoluto di come siamo realmente. La percezione di noi stessi non deve essere il frutto di un assembramento arbitrario di giudizi esterni, bensì l’effetto di una narrazione personale continua di cosa e come viviamo ogni giorno. Io sono ciò che percepisco, non ciò che gli altri mi dicono di essere.

Inoltre, dobbiamo imparare a fare i conti con una delusione. Non è certamente bello essere rifiutati. Non è piacevole che la ragazza “tanto gentile e tanto onesta pare” ci venga a dire “Non sei il mio tipo”. Ma ciò non vorrebbe dire che il problema siamo noi. Magari è vero, non siamo il suo tipo, ma per ragioni indipendenti dal nostro aspetto.

Insomma, smettiamo di fare l’autostop. Cominciamo a prendere la nostra auto e rischiare di fare qualche incidente. Sicuri, comunque, che il viaggio sarà la parte più bella di tutte.