Il vento soffia, e noi intenti a ghermirlo con le nostre vele, spiegate verso l’orizzonte. Staccare dal lavoro: questo è l’obiettivo!
Quanto sarebbe bello poter inseguire questo sogno? Farlo ogni volta che lo vogliamo. Tenere lo sguardo verso lo zenit, laggiù “verso l’infinito e oltre!”.
Niente da fare. Tutto ciò ce lo sentiamo negare quasi quotidianamente.
Da cosa?
Beh, da noi stessi! Abbiamo costruito un mondo fatto di scadenze, date, impegni, lancette dell’orologio che viaggiano come un’auto impazzita sul circuito del tempo. E noi, come spettatori passivi sugli spalti, intenti a seguirle con lo sguardo.
Voglio una vita spericolata!
Qualcuno però potrebbe obiettare:”Le palestre però sono piene!”. Pertanto, le persone riescono a prendersi del tempo per loro.
Eh no, cari signori! Non funziona così. Anche la palestra rientra in questo giro di giostra vorticoso e ripetitivo. Spesso si va in palestra sempre allo stesso orario, a fare quegli esercizi noiosi e ripetitivi, quando preferiremmo fare tutt’altra cosa. Quante volte abbiamo accarezzato l’idea di non andare sul tapis roulant o fare quegli estenuanti allentamenti con i manubri?! Eppure non ci lasciamo andare, perché “non dobbiamo mollare!”.
Prendersi del tempo, staccare dal lavoro, non significa solamente “non andare a lavoro”. Prendersi del tempo, staccare, significa innanzitutto capire cosa sentiamo. Di che cosa abbiamo “fame e sete”. Staccare non significa infilarsi in un altro schema (es., la palestra), bensì romperlo.
Molti pazienti mi raccontano di essere stressati, con diversi problemi di ansia di non riuscire nemmeno a staccare quando vanno a fare uno sport. Questo accade perché, anche se in contesti diversi, viene applicato lo stesso schema. Uno schema di responsabilità o di performance. Uno schema che ci porta ogni volta a dimostrare qualcosa, agli altri o a noi stessi. In cui dobbiamo arrivare ad un risultato (es., il peso, il tempo del cronometro etc.).
Quindi cosa significa davvero “staccare dal lavoro” ?
Significa diversificare.
Faccio alcuni esempi che traggo dai miei pazienti: togliersi le scarpe e andare a camminare sull’erba! Prendere una coperta e andare sulla collina qui vicino a sdraiarsi. Oppure, se sono sempre con il sedere piantato su una sedia, mi infilo le scarpe da ginnastica e torno dal luogo di lavoro verso casa a piedi o correndo. Salgo in cima al palazzo dove lavoro, e mi metto ad osservare ed ascoltare la città: i suoi gorgoglii, i tic, le persone. Non ultima: spengo il mio cellulare!
Insomma, staccare dal lavoro, diversificare, significa parlare un altro linguaggio, diverso da quello che usiamo tutti i giorni. Vuol dire anche rischiare di perdersi, ma con la fiducia di sapersi ritrovare.
Così, andare in vacanza non significa “andare in montagna o al mare”, significa “partire”. Ciò presuppone che vi sia un luogo (“noi”) da cui ci si stacca per andare verso un altro (“diverso”) in cui parlare un’altra “lingua”.