Amnesia per un crimine correlata ai disturbi del sonno-veglia
L’amnesia per un crimine può essere associata anche a disturbi del sonno-veglia. Può sembrare controintuitivo pensare ad un’azione così complessa come un delitto durante il sonno, ovvero uno stato privo di consapevolezza e di controllo volontario sul proprio comportamento. Tuttavia, sono molti i casi di violenza, incluso l’omicidio, riportati dalla letteratura scientifica sull’argomento, perpetrati, ad esempio, durante episodi di sonnambulismo (Bourget, 2007).
Storicamente, uno dei primi casi di amnesia per un crimine e sonnambulismo risale al medioevo, ed è relativo ad un boscaiolo della Slesia. Questi, dopo poche ore di sonno, si svegliò bruscamente, puntando la propria ascia contro un intruso immaginario, uccidendo, invece, la propria consorte (Gastaut & Broughton, 1965). Un altro caso fu descritto da Yellowless nel 1878, riguardante un uomo con una storia di disturbi da terrore nel sonno (pavor nocturnus). Ancora addormentato, egli uccise il proprio figlio di 18 mesi scagliandolo contro il muro durante la notte, avendolo “interpretato” come una bestia selvaggia sul punto di attaccare la propria famiglia. Lo stesso Charcot raccontò un tentato omicidio commesso in apparente stato di sonnambulismo, in cui un servitore, poco dopo essersi addormentato, prese la pistola e ferì la padrona di casa e un altro dei domestici (Brouardel et al., 1893).
Fra i casi più recenti di omicidio durante uno stato sonnambolico e relativa amnesia, quello di Kenneth Parks rappresenta senza dubbio uno dei più citati in letteratura (Broughton, Billings, Cartwright, Doucette, Edmeads, Edwardh, Ervin, Orchard, Hill & Turrell, 1994). Questi era un elettricista canadese di 23 anni, la cui vita incontrò svariate disavventure prima dei tragici eventi che lo videro protagonista all’alba del 23 maggio del 1987. Egli fu abbandonato dal padre quando aveva appena 4 anni, ed ebbe un rapporto conflittuale con il proprio patrigno. Quando i genitori decisero di andare a vivere in un’altra città, egli preferì rimanere con i nonni. Si sposò all’età di 21 anni ed ebbe una bambina che, al momento della tragedia, aveva circa 5 mesi. I rapporti con i propri suoceri erano molto cordiali ed affettuosi, tanto da sentirsi più amato da questi che dai propri genitori. L’estate prima dell’omicidio, Parks cominciò ad avere problemi con il gioco d’azzardo, tanto da vedersi costretto a sottrarre fondi dai risparmi della propria famiglia. Arrivò persino a rubare soldi dal luogo di lavoro. Una volta scoperto, però, fu licenziato. Parks cominciò, inoltre, ad avere seri problemi ad addormentarsi la notte, con fasi di sonno frammentate e risvegli frequenti, anche a causa della figlia di pochi mesi che non dormiva. Da lì a poco, cominciò anche a soffrire di forti emicranie. Il 20 maggio Parks decise di frequentare il gruppo terapeutico dei Giocatori Anonimi, progettando di mettere al corrente dei propri problemi di gioco anche i nonni e i suoceri. Il 22 maggio, dopo una partita di rugby, ebbe una forte discussione con la moglie prima che questa andasse a lavoro. La sera stessa, dopo aver addormentato la propria figlia e aver guardato la tv, andò a dormire circa alle 1.30, senza aver consumato droghe e/o alcol.
Alle prime luci dell’alba, Parks si alzò dal letto ancora addormentato, si vestì, uscì chiudendo la porta di casa a chiave, guidò la propria auto per circa 23 km, incontrando tre semafori lungo la strada, e arrivò presso la casa dei suoceri. Qui, irruppe dentro l’abitazione, tentò di strangolare il suocero ancora addormentato, poi assalì la suocera, accoltellandola ripetutamente per cinque volte fino ad ucciderla. Subito dopo, riprese l’auto e solo in quel momento realizzò di stare guidando e di avere un coltello in mano. Si fermò ad una stazione di polizia dichiarando “Penso di avere ucciso alcune persone…le mie mani”. Fu in quell’istante, infatti, che cominciò a sentire i dolori alle mani per le ferite procuratesi durante l’aggressione. Non ricordava niente: aveva un’amnesia di quanto accaduto.
Parks fu imputato di tentato omicidio per il suocero e di omicidio per la suocera, accusandolo di aver mentito sulla sua amnesia. Durante il processo, egli infatti dichiarò di non ricordare niente, di avere un’amnesia per i fatti contestati, così la linea difensiva puntò sulla possibilità che l’aggressione fosse stata perpetrata in uno stato di incoscienza. L’imputato fu visitato da svariati specialisti dei disturbi del sonno e della salute mentale, sottoponendolo a molteplici esami clinici e di laboratorio, tra cui EEG, TAC, interviste semi-strutturate, test cognitivi e psichiatrici.
Alla fine, considerata l’assenza di qualsiasi movente dato l’ottimo rapporto affettivo esistente fra l’aggressore e le vittime, vista la forte coerenza mostrata da Parks nella sua testimonianza durante le interviste degli specialisti (nonostante questi avessero tentato più volte di portarlo fuori strada), la bontà delle proprie reazioni emotive rispetto il resoconto fatto, l’assenza di altre cause organiche, nonché le forti evidenze anamnestiche e di laboratorio compatibili con un quadro di sonnambulismo, la giuria si pronunciò con un verdetto di assoluzione per entrambi i capi di imputazione, confermato in via definitiva dalla Suprema Corte del Canada nel 1992.
Il gruppo di Disturbi del sonno-veglia maggiormente correlati con i crimini violenti è quello delle parasonnie. Il DSM-5 le descrive come una classe di disturbi caratterizzati da esperienze e comportamenti anomali o da eventi fisiologici che si verificano in associazione al sonno, a specifici stadi del sonno o nei passaggi sonno-veglia. In questo gruppo vengono inclusi i seguenti disturbi:
- Disturbi dell’arousal del sonno non-REM (sonnambulismo e terrori nel sonno)
- Disturbo da incubi
- Disturbo comportamentale del sonno REM
- Sindrome delle gambe senza riposo
- Disturbo del sonno indotto da sostanze/farmaci
- Disturbo da insonnia (con altra o senza specificazione)
- Disturbo da ipersonnolenza (con altra o senza specificazione)
- Disturbo del sonno-veglia (con altra o senza specificazione)
I comportamenti violenti commessi durante il sonno, denominati dalla letteratura anglossassone Sleep-related Violence (SRV), vengono spesso associati a due tipologie di disturbi del sonno-veglia: i Disturbi dell’arousal del sonno non-REM e il Disturbo comportamentale del sonno REM. Questi due tipi di parasonnie sono caratterizzate, rispettivamente, da una combinazione di veglia e di sonno non-REM e di veglia e sonno REM. Da ciò comprendiamo come lo stato di sonno e quello di veglia non sono condizioni mutualmente escludentesi e che il sonno non è un fenomeno “totalizzante”, che interessa l’intero cervello (Ebrahim, 2013).
Sono stati descritti anche casi di omicidio e, in generale, atti di natura criminale compiuti in uno stato di arousal confusionale (che, ricordiamo, compare nella classificazione dell’ICSD-2 fra i disturbi dell’arousal). Questa è un tipo di parasonnia, conosciuta anche come “ebbrezza del sonno”, caratterizzata da un improvviso e parziale risveglio dal sonno, con ripresa delle capacità motorie in presenza di stato confusionale.
Un famoso caso di omicidio commesso durante un episodio di arousal confusionale e amnesia è quello di un commercialista di Chicago, Ted Faber, accusato di aver deliberatamente travolto e ucciso con la propria auto Jodie Kerr (Klawans, 1991; Fornari, 2008). Durante il processo, l’uomo dichiarò di avere un’amnesia totale dei fatti contestatogli e di ricordare solamente di essersi fermato sul ciglio della strada perché molto stanco e di essersi addormentato profondamente. La ragazza che era insieme a Jodie quella notte raccontò di aver bussato al finestrino dell’auto insieme all’amica per chiedere all’uomo un passaggio. Questi, svegliatosi di soprassalto, accese la macchina, partì e, dopo aver fatto inversione a pochi metri di distanza, travolse la ragazza uccidendola. L’automobilista fu ritrovato alcuni chilometri più avanti dalla polizia nuovamente addormentato in auto. Il consulente incaricato dal pubblico ministero effettuò una videopolisonnografia sul sig. Faber, concludendo per una diagnosi di parasonnia con risvegli confusionali e amnesia (attività motoria violenta ed incoercibile, persistenza di attività ipnica all’EEG). In pratica, il consulente interpretò l’omicidio come la conseguenza di un comportamento violento automatico non ascrivibile ad una pregressa patologia psichiatrica, rientrante, pertanto, nell’automatismo sano. Di conseguenza, l’imputato fu ritenuto non responsabile del reato a lui ascritto e rilasciato senza processo (Fornari, 2008).