L’EFFETTO SPETTATORE - Psicologo Prato Iglis Innocenti

L’EFFETTO SPETTATORE

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New York, 13 marzo 1964.

Una donna di 29 anni, Kitty Genovese, stava camminando verso casa di notte dopo il lavoro. Improvvisamente venne aggredita e pugnalata alle spalle. Sentendo le grida, i vicini riuscirono a sentire le richieste di aiuto, e alcuni gridarono qualcosa all’aggressore facendolo fuggire. Ma poco dopo, l’aggressore tornò indietro, trovò la ragazza agonizzante e la uccise.

Questo caso di cronaca nera fece molto scalpore nell’opinione pubblica in quanto furono ben 38 le persone che assisterono all’aggressione, ma nessuno intervenne.

 

L’effetto spettatore

Questo caso di cronaca viene preso spesso a modello del cosiddetto “effetto spettatore” (Bystander Effect). Questo fenomeno  descrive situazioni in cui gli individui, di fronte ad una emergenza, non prestano soccorso quando intorno a sé sono presenti altre persone.

Una caratteristica di questo fenomeno, infatti, è che la probabilità dell’aiuto è inversamente correlata al numero degli spettatori. In altre parole, maggiore è il numero degli spettatori, minore è la probabilità che qualcuno di loro aiuterà.

Milgram e Hollander (1964) affermano che la persona che assiste a una situazione di emergenza, come un’aggressione, vive un conflitto interiore: da un parte vi sono le norme morali che impongono di aiutare il prossimo, dall’altra parte sussistono paure più o meno razionali relative a cosa potrebbe succedere.

Gli studi di Latané e Darley

John Darley e Bibb Latané, nel 1968, dimostrarono per la prima volta in laboratorio l’effetto spettatore. Questi ricercatori realizzarono una serie di esperimenti che ebbero come risultato uno dei più importanti e più frequenti effetti della psicologia sociale.

In un tipico esperimento, il partecipante è o da solo o in un gruppo di altri partecipanti o alleati. Venne inscenata una situazione di emergenza e i ricercatori misuravano se e quanto tempo occorresse perché i partecipanti intervenissero.

I risultati mostrano che l’85% dei partecipanti che sanno di essere l’unico interlocutore della vittima cercano aiuto in modo tempestivo (prima che la vittima smetta di parlare), mentre nel caso in cui la discussione avviene in gruppo solo il 31% dei soggetti interviene per chiedere supporto. La vittima ha quindi maggior probabilità di essere aiutata quando a essere presenti sono una o due persone, mentre questa probabilità cala quando ad assistere sono, ad esempio, in cinque.

Questi esperimenti hanno trovato che la presenza di altri inibisce l’aiuto, spesso di un largo margine. Ad esempio, Bibb Latané e Judith Rodin (1969) inscenarono un esperimento intorno a una donna in pericolo. Solo il 70 per cento delle persone gridarono o andarono ad aiutare la donna dopo che avevano creduto che fosse caduta e ferita, ma quando c’erano altre persone nella stanza soltanto il 40 per cento offrì aiuto.

 

Variabili che influenzano gli spettatori

Secondo Latané e Darley, ci sono cinque caratteristiche delle emergenze che influenzano gli spettatori:

  1. Le emergenze implicano la minaccia di un danno o un danno effettivo
  2. Le emergenze sono insolite e rare
  3. Il tipo di azione richiesta in un’emergenza differisce da situazione a situazione
  4. Le emergenze non possono essere previste o attese
  5. Le emergenze richiedono un’azione immediata.

A causa di queste cinque caratteristiche, gli spettatori subiscono processi cognitivi e comportamentali

  • Notano che qualcosa sta succedendo
  • Interpretano che la situazione è un’emergenza
  • Grado di responsabilità avvertito
  • Forma di assistenza
  • Implementano la scelta dell’azione.