“Cambiare o non cambiare, questo è il problema!“, direbbe il buon Amleto, se solo ci trovassimo nel teatro crepuscolare della Danimarca.
In un certo senso, quando ci troviamo davanti ad un bivio, volendo guardare in fondo, la domanda è proprio questa:
“Essere, o non essere, questo è il problema:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna
o prender armi contro un mare d’affanni
e, opponendosi, por loro fine?”
Il buon vecchio Amleto si trova, di fatti, ad affrontare la difficile domanda se sia meglio vivere un’intera vita piena di stenti e preoccupazioni, o sia più nobile ribellarsi e combattere rischiando di morire.
È cambiare il vero problema! Non pretendo certo di aggiungere o sottrarre inchiostro alle già tante e preziose interpretazioni di questo famoso monologo. Lo prendo solo come parafrasi del cambiamento.
Sicurezza o sana follia?
È difficile decidere se cambiare in una direzione o verso un’altra. Mi fa pensare al vecchio detto “si sa cosa si lascia, ma non conosciamo ciò che si trova”. E’ ovvio che il “nuovo” spaventi. Non lo si conosce. Non sappiamo cosa accadrà, come saremo noi in quel nuovo contesto.
Il nostro senso di sicurezza, solitamente, si basa su molti aspetti accumulati nella nostra vita. Tutto ciò diventa la nostra coscienza, in una fluida e infinita costellazione di sensazioni, immagini, emozioni, pensieri. Questo ci guida nelle scelte quotidiane. Alle volte in maniera istantanea (es., il gatto che attraversa la strada che ci fa inchiodare l’auto) altre volte in modo più complesso (es., mi sposo o non mi sposo?).
Dobbiamo capire se l’obiettivo è avere sicurezza o una sana follia. Attenzione: essere sicuri è una esigenza umana. Ma, come un abbraccio, può dare vita o uccidere! Troppa sicurezza può limitare, soffocare, evitare l’evoluzione. con conseguenze anche gravi di ansia e depressione. Pertanto, dobbiamo riuscire a trovare il giusto equilibrio fra sicurezza e follia. Una follia che, come dice Erasmo, trasformi l’individuo in un essere curioso.
La resistenza nel cambiare
Appare paradossale, ma spesso avviene che noi opponiamo una stregue resistenza ai nostri stessi desideri. In altre parole, senza accorgercene, ci auto sabotiamo. In che modo? In pratica, evitiamo di considerare altre prospettive, rimaniamo conservatori. Preferiamo trovare tutta una serie di “spiegazioni” che ci limitano e portano a standardizzare tutto.
E’ noto in psicologia il fenomeno della “resistenza al cambiamento”: gli esseri umani tendono ad essere conservatori, e a respingere le innovazioni, anche quelle che alla lunga considereranno molto positive per sé, a meno di non essere costretti ad accettarle.
Il cambiamento rappresenta, però, la versatilità dell’essere umano. Siamo “esseri perfettibili” per citare Rousseau. Ovvero non siamo prigionieri delle “logiche genetiche”, dagli istinti o dall’ambiente. Abbiamo creatività, emozioni, desideri. Questi sono il motore del cambiamento.
Non dobbiamo, però, pensare al cambiamento come ad una complessa e assoluta rivoluzione. Vi può essere cambiamento anche solo andare al lavoro prendendo una strada differente!
Cambiare, rinnovarsi, guardare al di là del proprio naso. Sono tutti aspetti che, anche in piccole dosi, possono fare la differenza. Possono dare uno stimolo a fare ulteriori esperienze, o magari anche solo raggiungere diversi livelli di benessere.